Volere la santita
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Volere la Santità
E’ ormai dato per scontato: il giorno di Tutti i Santi nelle omelie ci si dice che la santità non è appannaggio di pochi cristiani “eroici” ma di tutti i cristiani, nessuno escluso, perché la santità è la forma “normale” (si badi bene: “normale”, non “eccezionale”!) della vita cristiana. Ed è vero: essere cristiani significa essere santi, e viceversa; la vocazione del cristiano è per la santità e non per la mediocrità. Dunque ogni anno, al 1° Novembre, ci sentiamo ricordare che dobbiamo impegnarci a diventare santi, perché quello della santità è un affare che riguarda ogni cristiano, quindi anche noi. Ma appunto su questo “impegnarci” si gioca un aspetto importante della santità, ovvero dell’essere cristiano: non si diventa santi “per caso”. Dunque bisogna voler diventare santi. Esagerato? No, affatto; lo ripetiamo: essere cristiani ed essere santi – o perlomeno essere in cammino verso la santità – sono cose che si equivalgono; si tratta “solo” di “voler” camminare sulla via della santità, di “voler” diventare santi, ovvero voler diventare dei cristiani “veri”. Ritorna così un elemento spesso trascurato nella nostra cristianità contemporanea, o meglio nella predicazione corrente: la forza decisiva del nostro essere cristiani e dunque della nostra vita cristiana sta non nei sentimentalismi e negli spontaneismi ma nella volontà. Sì, bisogna “voler” essere santi, bisogna “voler” essere dei veri cristiani, bisogna “voler” migliorare e crescere giorno dopo giorno in una vita cristiana sempre più autentica e vera. I santi – quelli con la “S” maiuscola, quelli ufficialmente riconosciuti tali dalla Chiesa e proposti a noi come modelli ai quali ispirarci – i santi non sono diventati tali “per caso” ma perché hanno voluto crescere sempre più nell’amore per Dio e per il prossimo, che sono il senso, il fondamento e la norma della vita cristiana, e dunque della santità. Forse troppe volte noi, cristiani “comuni”, abbiamo paura della sfida della santità e preferiamo la nostra pusillanimità e il nostro quieto vivere mentale alla forza e agli slanci che la vita cristiana esige. Il nostro quieto vivere “mentale”; sì, perché se la santità è una questione di volontà, allora è una questione prima di tutto di testa e non di cuore, ed è lì, nella nostra mente, che si celano quelle pigrizie che ci impediscono di avventurarci sulla via della vera vita cristiana, è nella nostra mente che si trovano i blocchi del nostro orgoglio, del nostro egoismo, della nostra pusillanimità, delle nostre comodità, che si oppongono all’eroismo della santità; è nella nostra mente che sta quella fatica di mettersi in discussione, di porsi domande sul senso della nostra vita, di accettare le sfide di Dio, che ci impedisce di crescere nella santità. Si tratta allora di non aver paura di diventare santi, di accettare quella sfida che Dio rivolge alla piccolezza e alla fragilità della nostra natura umana segnata dalle conseguenze del peccato originale e che pure reca comunque in sé l’impronta di Dio, il suo essere ad immagine e somiglianza del suo Creatore e Padre: è proprio questo essere fatti ad immagine di Dio che ci permette di oltrepassare – con la nostra volontà sì, ma anche inevitabilmente col necessario aiuto divino – i limiti della miseria umana per slanciarci con coraggio ed entusiasmo verso la meta racchiusa nel nostro essere, quella cioè di vivere della vita stessa di Dio nel Paradiso. I santi sono quelli che hanno dunque voluto arrivare là, in Paradiso, e per questo non hanno avuto paura di lottare e di soffrire; spetta a noi, alla nostra volontà, scegliere di percorrere la loro stessa strada…
Padre Stefano