Domenica 24 novembre 2019 - Oratorio San Filippo Prato

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Domenica 24 novembre 2019

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COMMENTO PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA
DOMENICA 8 DICEMBRE 2019


Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.
 
Tu honorificentia populi nostri.
  
Tutta bella sei, Maria,
e la macchia originale non è in te.

Tu gloria di Gerusalemme,
  
tu letizia d'Israele,
tu onore del nostro popolo.
 
 
Cant. 4, 7 - Tota pulchra es, Maria: et mácula originális non est in te. (Liturgia)
 
Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te. (Sacra Scrittura)
 
 
Iudith 15, 10 - Tu glória Ierúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri.
 
(Liturgia e Sacra Scrittura, identico testo in latino)


In questa Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, metto da parte il pur bellissimo brano evangelico per fermarmi su due frasi presenti nella liturgia latina di questo giorno; due frasi “famose” (almeno per gli addetti ai lavori, ma che coloro che hanno una certa età senz’altro ricordano) che fanno parte di un canto caro alla tradizione francescana – portabandiera del Dogma dell’Immacolata – che è appunto il “Tota pulcra” dalle parole con cui inizia questo inno, una volta cantato sovente nelle nostre chiese. Mi soffermo su queste due frasi perché mi pare che tratteggino bene due aspetti di Maria nella sua Immacolata Concezione.
 
 
La prima frase “Tota pulcra es Maria, et macula originalis non est in te” è ispirata al bellissimo libro del Cantico dei Cantici nel quale questa frase è rivolta dall’amante alla sua amata, ammirato per la sua affascinante bellezza, e suona così : “tota pulcra es amica mea et macula non est in te” ; tutta bella sei, amica mia, in te nessuna macchia. Ovviamente la liturgia ha sostituito il generico “amica” col nome della Madre del Redentore, Maria ; “tutta bella sei, o Maria, e la macchia (del peccato) originale non è in te”, aggiungendo la precisazione che questa “macchia” da cui essa è esente è appunto quella del peccato originale. Il Cantico dei Cantici è il bellissimo libro della Sacra Scrittura che ci parla dell’amore sponsale; l’amore dello sposo per la sua sposa, dell’amante per l’amata, ma anche l’amore di Dio per la sua creatura, l’amore di Gesù per l’anima che crede in Lui. Allora possiamo affermare che questa prima frase riferita a Maria Immacolata ci parla di una storia d’amore; l’amore di Dio per l’umanità, per la sua creatura ferita dal suo stesso peccato; un amore che lo porterà – Lui, il Creatore – a farsi creatura Egli stesso per salvare da un destino di eterna distruzione l’opera delle sue mani. Ma conseguentemente a ciò, questa frase ci parla della predilezione di Dio per questa meravigliosa creatura che è la sua Madre, la Madre di Lui fattosi uomo, dalla quale attingerà realmente e “fisicamente” l’appartenenza al genere umano: Maria. La più bella, la più pura, la più santa tra tutte le creature uscite dalla mano di Dio; così bella, così santa, che il Creatore non ha permesso che ella venisse nemmeno minimamente deformata dal peccato che intacca gli esseri umani; quella colpa originale che l’uomo commise nella propria stoltezza, nella propria presunzione di poter essere come Dio e che intacca ogni essere umano che viene in questo mondo. Così l’amore dolcissimo di Dio, che nella sua onniscienza tutto conosce, si è degnato di scegliere questa splendida creatura come colei che, diventandone madre, gli avrebbe trasmesso l’appartenenza alla natura umana, all’umanità, e per questo non permise al Maligno di poter esercitare su di essa il proprio potere nemmeno per una frazione di secondo, e fin dal suo concepimento le preservò dalla colpa originale e dunque da ogni peccato. Ecco allora che la Chiesa può cantare col Cantico dei Cantici “tota pulcra es Maria, et macula originalis non est in te” ; tutta bella sei, o Maria, e la macchia originale non è in te.
 
 
La Seconda frase invece è tratta dal libro di Giuditta e si riferisce appunto alla vicenda di questa eroina del popolo d’Israele. Ne riassumo brevissimamente la vicenda, perché è necessario per comprendere il senso della frase nel contesto della festa odierna. Giuditta vive nella città ebrea di Betulia quando questa viene assediata dall’esercito assiro, comandato dal crudele Oloferne. I cittadini di Betulia sono nella distretta perché vedono la loro inevitabile capitolazione di fronte alla potenza del nemico, ma Giuditta, coraggiosamente esponendo se stessa, raggiunge l’accampamento e si fa introdurre nella tenda di Oloferne illudendolo che si concederà alle sue voglie. Al termine di un pantagruelico banchetto, rimasti soli, Giuditta prenderà la spada di Oloferne e staccherà la testa dell’ubriaco comandante assiro, uccidendolo e liberando in questo modo la città di Betulia dall’assedio dell’esercito nemico. Al suo ritorno nella città assediata, i suoi concittadini lodano il suo coraggio esclamando : “Tu gloria Ierusalem! Tu laetitia Israel! Tu honorificentia populi nostri!” ; tu gloria di Gerusalemme, tu letizia d’Israele, tu onore del nostro popolo! Se la prima frase ci parla di amore, questa seconda ci parla di lotta e di vittoria sui nemici, o meglio sul Nemico, quello che non ha potuto dominare Maria nemmeno per un istante, fin dall’inizio della sua vita nel grembo materno, fin dal suo concepimento. È proprio perché Satana non ha potuto dominare Maria nemmeno per un istante, che la Vergine è il terrore del Demonio più di qualsiasi altro essere umano santo, e per questo il suo intervento contro il Maligno è sempre efficace. Così la lotta tra la Vergine Santa e il Maligno, nemico dell’umanità, continua nel tempo, a difesa di ogni cristiano, e continua con la vittoria costante di Maria sul Demonio. Maria è allora la vera Giuditta, colei della quale l’eroina ebraica era solo la prefigurazione; il vero nemico è Satana, il serpente antico che assedia l’umanità e la tiene in pugno, e la vera Giuditta è Maria, che schiaccia il capo del serpente malefico, liberando i suoi figli dalla morsa delle spire sataniche.
 
 
Il mistero meraviglioso, stupendo, del concepimento immacolato di Maria si rivela allora essere storia d’amore e di lotta, storia di preservazione dal potere del Maligno perché essa, Maria, a sua volta venga in soccorso di coloro che il Figlio ha redento col suo sangue prezioso e li porti alla vittoria sul male, e li difenda e li liberi dall’assedio mortale del nemico dell’umanità. Bene recita uno dei prefazi della liturgia mariana, definendo Maria “segno di consolazione e di sicura speranza” per il popolo cristiano. Così possiamo guardare a Maria con fiducia; fiducia perché sappiamo che Dio ci ama e ci vuole salvi se, come Maria, corrispondiamo al suo amore per noi. Fiducia perché nella lotta contro il Maligno sappiamo di non essere soli : Maria è al nostro fianco e combatte per noi e con noi colui che vuole la nostra eterna rovina; un combattimento che, insieme a Maria, non potrà che risolversi nella nostra vittoria.

Padre Stefano

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