NON PER APPARIRE
Spiritualità > Riflessioni sui Vangeli > 2017 Archivio Vangeli
NON PER APPARIRE…
Riportandoci l’atteggiamento degli scribi e dei farisei, Gesù ci parla implicitamente di quel “fare” che trova il suo fondamento nell’ “essere” e non nell’ “apparire”. Preoccupati di apparire davanti alla società, gli scribi e i farisei vivono alla superficie di se stessi, schiavi – perché alla fine un simile atteggiamento rende schiavi – della preoccupazione di mostrarsi agli uomini per ricevere il loro consenso e dunque il loro plauso. Si direbbe cha a queste persone, apparentemente così religiose (ma appunto solo “apparentemente”!) non importi nulla di quello che di loro pensa Dio, ma piuttosto importa ad essi la considerazione degli esseri umani; un atteggiamento che di religioso non ha proprio nulla. Intenti dunque ad apparire e non preoccupati di “essere”, vivono in una ipocrisia assunta a criterio esistenziale, e non a caso più volte Gesù li apostrofa: ipocriti! Ed in effetti – riportando l’argomento a noi – la preoccupazione e la smania di apparire – di apparire per piacere, per ottenere il plauso ed il consenso della nostra società – non può che portare all’ipocrisia, cioè al camuffamento, nell’intento di piacere ad ogni costo e in ogni caso, di essere accettati, di essere lodati, finendo così per mostrasi per quello che non si è pur di ottenere consenso e avere quindi il proprio “posto al sole”. Una ipocrisia che si fa ancor più pericolosa quando la si esercita anche nei confronti di Dio, sì, perché a questo si finisce per arrivare: chi assume il camuffamento come norma di vita, intento ad apparire – come si è detto – piuttosto che ad essere, finisce per vivere questo atteggiamento anche nei confronti di Dio, velandosi, nascondendo davanti a Lui – tragica illusione, poiché Dio è onnisciente! – la propria reale condizione, il proprio vero essere. No, questa decisamente non è la strada del Signore Gesù; il divino Maestro chiede a noi la schiettezza dell’essere e la sincerità della vita: si agisce e ci si comporta in un modo piuttosto che in un altro non per essere visti e considerati dagli altri ma perché si crede in Dio, si crede in ciò che si fa, sapendo che quello che facciamo è la volontà del nostro Padre dei cieli e dunque risponde al vero bene. Il cristiano agisce nel bene e si sforza di compiere il bene unicamente per Dio, perché sa che ciò che fa secondo la volontà del Signore non può essere che bene, bene per noi che lo compiamo, bene per gli altri ai quali ci rivolgiamo. Poco o addirittura nulla importa che gli altri ci considerino, che ci lodino, che riconoscano il nostro operato: noi agiamo per Dio e secondo Dio, è Lui che deve “vederci”, è Lui che deve “lodarci”, Lui che conosce i segreti dei cuori e davanti al quale nessuna ipocrisia può resistere. Vivendo in questa schiettezza e agendo unicamente per Dio, scevro da qualsiasi preoccupazione di apparire e di ottenere il consenso sociale, il cristiano trova anche la vera libertà interiore che lo porta ad agire solo per il bene in quanto tale – cioè solo per Dio – e non per altri fini, senza più nessuna preoccupazione verso gli altri se non quella di essere nella verità e nel giusto. Un grande dono, una grande conquista, questa libertà interiore, che solo chi è preoccupato unicamente di vivere “di fronte a Dio” e non di fronte agli uomini, può gustare in tutta la sua pienezza.
Padre Stefano