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NON TUTTI ALLO STESSO MODO

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Domenica 19 novembre 2017

NON TUTTI ALLO STESSO MODO…

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì…” Le diverse somme di denaro che questo “padrone” lascia in gestione ai propri servi ci portano a riflettere su di un aspetto forse, al giorno d’oggi, poco “politicamente corretto”: non siamo tutti uguali. A ben considerare sembrerebbe una cosa ovvia, eppure in tempi di “democraticismo” dove tutti devono poter fare tutto, avere gli stessi diritti (forse un po’ meno per quanto riguarda gli “stessi doveri”) accedere a tutte le cariche e ruoli, senza discriminazione alcuna, una parabola dove Gesù ci dice che invece no, non tutti abbiamo la possibilità di fare tutto perché non siamo tutti uguali e dove, addirittura, ci dice che questa “non possibilità” di fare tutto e di non essere tutti uguali viene proprio da Dio e discende da un suo volere e da un suo preciso progetto, beh, una simile affermazione rischia di essere veramente una specie di bomba nella nostra testa di “moderni”, così assuefatti al dogma delle “pari opportunità” (e non solo nel senso del binomio maschio/femmina ma anche, più in generale, nel senso di omologazione di ruoli e possibilità all’interno della società). Addirittura Gesù ne fa una questione di salvezza eterna, di compartecipazione alla gloria divina nella santità. La Chiesa, a dire il vero, l’aveva (è d’obbligo il passato prossimo…?) l’aveva sempre sostenuto: non tutti avremo la stessa gloria in Paradiso; certamente tutti vivremo nella gioia, nella pienezza dell’essere della vita divina, ma questa vita divina, questa “pienezza” sarà distribuita a seconda dei meriti e delle capacità; ognuno potrà avere tanta beatitudine quanto è capace di “contenerne” a seconda del grado di santità raggiunto, così ci saranno santi più gloriosi e santi meno gloriosi, ma nessuno patirà mancanza di gloria perché ognuno sarà pieno di gloria divina quanta, appunto, è in grado di riceverne. Esiste un significativo episodio in merito nel famoso e bellissimo libro autobiografico di Santa Teresa di Lisieux “Storia di un’anima” (o, come preferiscono gli agiografi moderni “Manoscritti autobiografici”). La piccola Teresa, ancora bambina, incuriosita da ciò che aveva appreso a catechismo e cioè appunto che in cielo non tutti avremo la stessa gloria, si rivolge alla sorella maggiore Paolina – che poi sarà suora al Carmelo di Lisieux col nome di Madre Agnese – per chiederle spiegazioni; Paolina le mostra un ditale e un bicchiere riempiti di acqua fino all’orlo e le dice: secondo te qualcuno di questi due soffre mancanza d’acqua? La piccola Teresa risponde che no, tutti e due sono pieni fino all’orlo, ciascuno secondo la propria capacità, e nessuno dei due recipienti quindi soffre mancanza d’acqua. Ecco, ribadisce Paolina, in Paradiso sarà la stessa cosa: ciascuno di noi sarà ricolmo di gloria divina in pienezza, nella misura in cui l’essere di ciascuno potrà contenere questa gloria. E così scopriamo, aggiungiamo noi, che proprio non siamo tutti uguali, e che non saremo uguali nemmeno in Paradiso. Allora…Dio non è democratico! No, Dio non è democratico, e tuttavia – questo “tuttavia” è per noi che pensiamo che non essere democratici significhi pure essere ingiusti – e tuttavia Dio è giusto, anzi “giustissimo”, Egli è la giustizia in persona, e proprio per questo da a ciascuno quanto è in grado di gestire, di amministrare, di contenere… Il servo che ha ricevuto un solo talento (sia ben chiaro, i “talenti” che Dio distribuisce non sono la capacità, che so, di cantare bene, di saper danzare, di avere capacità organizzative… I talenti che Dio dona, sono sì, anche quelli, ma sono soprattutto le capacità spirituali che portano alla salvezza) il servo che ha ricevuto un solo talento – si diceva – non è stato trattato ingiustamente rispetto agli altri due, semplicemente egli ha ricevuto dal padrone quanto era in grado di amministrare, e avrebbe dovuto amministrare saggiamente anche quel solo talento – perché di più non sarebbe stato in grado di gestire, e il padrone lo sapeva – per farlo fruttare e guadagnarsi poi, al ritorno del padrone, il suo posto d’onore in proporzione alle sue capacità e alle sue fatiche, e avrebbe vissuto felice per sempre, anche lui, senza subire mancanze di trattamento nei suoi riguardi, perché tutto sarebbe stato proporzionato alle sue capacità… Ergo, non tutti dobbiamo poter fare tutto ma ciascuno ha il proprio ruolo, nella Chiesa e nella società; non tutti siamo chiamati a diventare santi allo stesso modo e nella stessa misura ma ciascuno secondo le capacità donategli da Dio; quello che importa però è che non giochiamo al ribasso ma sfruttiamo realmente e fino in fondo quelle possibilità – poche o tante che siano – che Dio ci dona per poterlo raggiungere in Paradiso.


Padre Stefano

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