Solennità di tutti i Santi - Oratorio San Filippo Prato

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Solennità di tutti i Santi

Spiritualità > Riflessioni sui Vangeli > 2019 Archivio Vangeli
SOLENNITÀ  DI TUTTI I SANTI

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)

 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 Con questa solennità di Tutti i Santi provo a riprendere il commento al Vangelo della Domenica, nella speranza che gli impegni non mi impediscano di proseguire nell’intento. Più che di commenti veri e propri si tratta – come si è trattato in passato – di spunti di riflessione, giusto per offrire la possibilità di avere qualche idea sulla quale appunto riflettere, giusto per favorire quell’opera di meditazione della Sacra Scrittura che ci aiuta ad acquisire una maggiore profondità di rapporto con Dio e quindi contribuisce ad accrescere la qualità e la consapevolezza del nostro essere cristiani. Che Dio mi aiuti!
Partiamo dunque con questa solennità. Non è una Domenica, ma è comunque una festa importante; la festa che celebra in modo particolare il mistero della santità cristiana, cioè i frutti di salvezza scaturiti dall’opera redentrice di Gesù. In effetti i santi che si celebrano in questo giorno – ce lo siamo sentiti dire certamente tante altre volte! – non sono solo quelli ufficialmente canonizzati e che la Chiesa non può celebrare tutti durante il corso dell’anno (grazie a Dio i “veri cristiani”, alias i santi, sono più di 365!) ma anche tutti quei cristiani che, terminato il cammino di purificazione del Purgatorio, hanno raggiunto il Paradiso, cioè la comunione perfetta con Dio-Trinità e partecipano dunque alla sua santità condividendo la sua vita divina. Dunque celebriamo in questa festa quel “risultato” dell’opera della salvezza che è appunto il far sì che gli esseri umani giungano alla divinizzazione per mezzo della Croce di Cristo.  Il Vangelo di questa festa è – ab antiquo – la pagina delle Beatitudini secondo il Vangelo di Matteo. Una pagina che sta all’inizio del più lungo “Discorso della Montagna” (capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo) dove Gesù delinea gli impegni morali del cristiano.  Ad una prima lettura, le Beatitudini sembrano quasi una cantilena, una dolce ninna-nanna nella cadenza di quel “beati, beati, beati…” che sembra cullare l’animo dell’ascoltatore. In realtà, ad una lettura appena un poco più attenta appare il carattere dirompente delle affermazioni uscite dalla bocca di Cristo. Basta considerare per quale motivo Gesù definisce “beate” certe persone per capire che la beatitudine che Egli propone non è roba di questo mondo. Le “categorie” (chiamiamole così) a cui Gesù si riferisce son proprio quelle considerate più o meno perdenti dalla mentalità della nostra società : i miti, i puri di cuore, i poveri in spirito, i misericordiosi… Quelli cioè che, alla fine della fiera, le prendono da tutti; quelli che magari da alcune categorie sociali vengono pure lodati nei discorsi di facciata – come quelli che hanno “fame e sete della giustizia”, per esempio –  ma che poi vengono più o meno delicatamente messi da parte. No, decisamente la nostra società parla un linguaggio diverso, ma d’altronde Gesù non è venuto per andare d’accordo col mondo (il “mondo” per Gesù è la società che si fonda non sulla Legge di Dio ma sui criteri e gli interessi terreni dell’uomo) bensì per strappare i suoi dalle grinfie del mondo e portarli a ragionare in maniera diversa, a vivere in maniera diversa, ad essere in maniera diversa : “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.” (Gv 15, 18-19). Ecco allora che si comprende come quella apparente “ninna-nanna” delle Beatitudini si concluda con la “bomba” finale : “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.” Assurdo! Umanamente assurdo che si proclami “beato” chi viene perseguitato, insultato, emarginato e magari anche ucciso. Ma Gesù può dire questo non perché gli piace sorprendere i suoi uditori con frasi ad effetto, bensì perché il suo sguardo si posa su un orizzonte diverso da quello del mondo: l’orizzonte dell’eternità. E questo deve essere l’orizzonte sul quale si posa anche lo sguardo del cristiano che, come credente in Cristo appunto, non può che condividere la stessa visuale del suo Redentore. Perché in effetti è nella frase finale che si coglie il senso delle Beatitudini : “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.” E verso questa “ricompensa nei cieli” deve camminare il credente in Cristo, quella è la ragione del suo impegno a diventare santo, cioè a “conquistare” il Paradiso, la vita eterna. Un cristiano che scende a patti col mondo, che ragiona secondo la mentalità del mondo, che vive secondo le mode del mondo, un cristiano che vuole piacere al mondo e non a Cristo è un cristiano che rinnega il suo Signore e se stesso, è un cristiano che rinnega il proprio essere e che si vende al nemico della propria salvezza. Non vi sono alternative ; ho si ha il coraggio di seguire Gesù e di condividere con Lui la lotta contro il mondo, o si rinnega la propria Fede, se non a parole almeno, senza dubbio, nei fatti. Quelle Beatitudini sono anche per noi, se non abbiamo paura di stare su questa terra dalla parte dei perseguitati e degli incompresi, per stare nell’eternità dalla parte dei vincitori.

Padre Stefano

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